Trovai, durante una delle mie passeggiate, un pezzo di carta ingiallita.
Lo raccattai, artigliando con le mie mani polverose l’asfalto, ma su di esso c’erano poche righe scritte in francese.
Chissà, forse se mi fossi messo con paziente opera a tradurlo, sarei riuscito a carpirne i segreti. Ma, come al solito, quel linguaggio mi irritò troppo e non riuscii a proseguire la lettura.
Cenai senza darmene pena.
La sera stessa scoprii che nel solito mare di folla c’erano alcuni punti oscuri, gente che come me non riusciva a socializzare con gli altri.
Mi avvicinai al primo e questo si scansò. Il secondo mi derise subito distogliendo lo sguardo.
Mi capita spesso che le persone non riescano a guardarmi in faccia troppo a lungo, ma non ho mai capito perché.
Il terzo mi accennò a non so quale complotto da parte di una non meglio specificata organizzazione. Che dire? Non basta essere diversi per essere interessanti: mi allontanai io.
Trovai, nella variopinta e multicolore massa, alcune persone a me familiari. Avevano delle piacevoli gradazioni cromatiche, o meglio, così apparivano ai miei occhi insensibili ai toni più accesi del violetto e del rosso.
Mi salutarono, come al solito, poiché l’essere alla moda implica avere anche molti contatti sociali. Ma la lingua usata mi colpì: era francese! A questo punto appresi troppo tardi che la soluzione si trovava su quel foglietto maledetto. Ma l’avevo scartato.
Rimasi un po’ ad osservare le molteplici interazioni, un po’ incuriosito ed un po’ annoiato. Salutai il primo gruppo, e passai al secondo, ma ne trovai addirittura un terzo.
Mi salutarono in francese pure questi ultimi, ma dall’accento capii che non era la loro lingua.
Gli intimai di farla subito finita con questo tentativo di fregarmi.
“Vi ho smascherato”, gli dissi.
“Non importa, il nostro scopo non sei tu ma apparire totalmente inseriti nel contesto”.
Tuttavia, prima di andarmene, detti una piccola manata sulla spalla di uno (lungi da me ogni intenzione di violenza), e notai che persino il gradevole bagliore dorato era solamente una polvere di zinco artefatta.
Mi pulii la mano ai pantaloni, come al solito. Mi piacciono questi eventi sociali, ma alla fine mi curo sempre di essere abbastanza sbronzo da non pensarvi o di avere una piacevole compagnia con cui intrattenermi in discorsi.
Purtroppo, la seconda era venuta meno e mentre scendevo dalla collina, ebbi nuovamente modo di riflettere ancora. C’era un silenzio costellato da piccoli rumori artificiali: delle volte la notte sempre un po’ più falsa e plastificata.
Purtroppo, scoprii che anche quella di casa mia era eccellentemente artefatta. Perfino il faro del Monte Serra sembrava un giocattolo di plastica. Un vero peccato, considerando che il panorama davanti casa mia è eccezionale…quando ci si mette.